Che la pandemia di Covid-19 abbia innescato un cambiamento nelle nostre abitudini, per quanto questo possa non piacerci, è un fatto incontestabile. Facciamo un esempio.
In Italia, a partire da inizio 2020, l’e-commerce ha registrato un incremento complessivo del 120%. Questa crescita è dovuta ad un aumento del +44% in fase antecedente alla diffusione del Covid-19 e del +149% da marzo in poi.
Focalizziamoci per un momento sui seguenti due dati:
• Il ricorso al canale online, nel solo mese di marzo 2020, ha sperimentato una crescita che era attesa per i prossimi 5-10 anni
• Il 75% delle persone che hanno avuto un’esperienza di acquisto online nel mese di marzo 2020, lo ha fatto per la prima volta nella propria vita
(Fonte: KPMG)
Sempre secondo KPMG (multinazionale specializzata in organizzazione e consulenza manageriale attiva in 147 paesi e con circa 219.000 dipendenti), “Lo spostamento della domanda online e le nuove abitudini dei consumatori hanno determinato un’inversione del rapporto tra i canali virtuale e fisico. Si tratta di un processo irreversibile, già in atto in periodo antecedente al COVID-19, che ha vissuto in questi mesi di lockdown una forte spinta”.
Alla luce di questo cambiamento, le aziende dovranno ripensare il proprio modello di business in un’ottica di perfetta omnicanalità”.
In modo abbastanza parallelo, qualcosa di simile si è verificato – sempre nello stesso mese di marzo 2020 – per quanto riguarda la formazione professionale e, tra questa, la formazione in materia di sicurezza sul lavoro.
Nel tentativo di far fronte alla crescita esponenziale dei contagi, si era reso necessario regolamentare le interazioni umane, dividendole in essenziali e non essenziali. Nel tiro alla fune con il Covid-19, le attività non essenziali sono state fortemente limitate o, spesso, vietate.
Molti negozi sono stati chiusi, così come altre attività produttive.
E la formazione in materia di sicurezza? È essenziale?
La risposta, peraltro non particolarmente esplicita, era già contenuta nella prima edizione del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020, modificato poi il 24 aprile 2020.
Tale protocollo (così come tutte le modifiche e integrazioni successive) conteneva linee guida condivise tra le Parti Sociali per agevolare le imprese nell’adozione di misure di sicurezza anti-contagio al fine di proseguire le attività produttive favorendo condizioni che assicurassero alle persone che lavoravano adeguati livelli di protezione.
Tra queste, tutti noi siamo stati presi alla sprovvista da quanto prescritto nel paragrafo 10 (Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione):
“Sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, anche se già organizzati; è comunque possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart work”.
E ancora:
“Il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione professionale e/o abilitante entro i termini previsti per tutti i ruoli/funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dovuto all’emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, non comporta l’impossibilità a continuare lo svolgimento dello specifico ruolo/funzione (a titolo esemplificativo: l’addetto all’emergenza, sia antincendio, sia primo soccorso, può continuare ad intervenire in caso di necessità; il carrellista può continuare ad operare come carrellista)”.
Sull’onda lunga del Protocollo del 14 marzo 2020 e del successivo Protocollo del 24 aprile 2020, anche le Regioni, una dopo l’altra, hanno emanato disposizioni simili per regolamentare tutta la formazione professionale facente capo al sistema di Accreditamento in epoca Covid.
Ma, all’atto pratico, cosa significavano e – soprattutto – cosa non significavano tali indicazioni?
Cerchiamo di comprendere insieme cosa non significava tutto ciò.
E, in particolare, il motivo per cui la risposta che daremo sarà di fondamentale importanza per motivare la spinta verso la digitalizzazione dei processi di apprendimento.
Prima considerazione. Sulla base delle indicazioni del protocollo, c’è stata forse una moratoria generale, una sospensione “di legge” di tutti gli obblighi di formazione, informazione e addestramento per la sicurezza sul lavoro?
Assolutamente no.
La deroga – o meglio – la proroga, ha riguardato solamente i termini della scadenza dell’aggiornamento della formazione soggetta a rinnovo per le varie figure con compiti particolari in ambito di prevenzione. In altre parole, i vari lavoratori, preposti, dirigenti, carrellisti, addetti antincendio e primo soccorso…e così via, la cui formazione periodica era in scadenza durante lo stato di emergenza, potevano continuare a svolgere la propria funzione anche in mancanza del completamento del corso di aggiornamento.
Il rinnovo, sia chiaro, non era annullato. Era solamente sospeso, fino al termine dello stato di emergenza.
Che dire della formazione iniziale?
La formazione iniziale non è mai stata né annullata, né sospesa, né prorogata, né derogata.
Pertanto, un datore di lavoro che si trovava ad assumere un nuovo lavoratore avrebbe dovuto, a rigor di legge, formarlo. Così come quel datore di lavoro che doveva adibire il lavoratore a mansioni particolari, quali la conduzione di attrezzature di lavoro per le quali esiste una specifica abilitazione (ad esempio quelle incluse nell’Accordo Stato Regioni 22/02/2012), o mansioni i cui rischi comportavano uno specifico addestramento.
È vero. Molti settori merceologici sono stati pesantemente colpiti dalla crisi conseguente alle limitazioni personali, come – ad esempio – tutto il comparto ricettivo e della ristorazione. Ma, nello stesso tempo altri settori, quali il comparto dei servizi in ambito sanitario (purtroppo) e tutta la filiera della grande distribuzione organizzata, hanno subito un notevole incremento che ha determinato un’infusione di nuovo personale nei rispettivi comparti ed una corrispondente corposa domanda formativa.
Oltre a ciò, a livello trasversale su tutti i settori merceologici, la mutata natura dei rischi introdotti dal Coronavirus ha richiesto – paradossalmente – una significativa integrazione della formazione da somministrare ai lavoratori proprio sulle misure da adottare per prevenirne il contagio.
In risposta a tutto ciò, a fronte della sospensione delle attività d’aula il protocollo prevedeva l’effettuazione, testuali parole, della formazione a distanza.
E-learning e sicurezza
Parafrasiamo:
È vero che “Sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula”, ma “è comunque possibile […] effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart work”.
L’algoritmo era semplice.
L’obbligatorietà della formazione viene meno?
No.
Esiste la possibilità di erogare formazione a distanza?
Sì.
Ergo, considerando la natura obbligatoria di buona parte della formazione, quel “possibile” si è de facto trasformato in “necessario”. Anche per i lavoratori in smart working.
In forza di tale assunto, sempre più aziende di ogni ordine e grado hanno dovuto sperimentare la formazione a distanza, strumento che in molti casi non era mai stato impiegato prima (neanche per un appuntamento in videoconferenza), scoprendone i vantaggi.
L’e-learning sincrono (la videoconferenza) e asincrono (elearning) sono in breve tempo entrati a far parte degli strumenti formativi standard delle imprese, inizialmente a motivo di una esigenza imposta dalle circostanze, poi come scelta funzionale ed elettiva.
A riprova di ciò, tenete conto di questo fatto.
Le aule “fisiche” non sono state chiuse per sempre. Ben presto i vari DPCM si sono mostrati favorevoli al ritorno in aula per i corsi relativi alla sicurezza sul lavoro, nel rispetto delle linee guida e dei protocolli anti contagio.
Il testo pressoché ricorrente era il seguente: “Sono altresì consentiti gli esami di qualifica dei percorsi di IeFP, nonché la formazione in azienda esclusivamente per i dipendenti dell’azienda stessa, secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, i corsi di formazione da effettuarsi in materia di protezione civile, salute e sicurezza, i corsi di formazione individuali e quelli che necessitano di attività di laboratorio, nonché l’attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, a condizione che siano rispettate le misure di cui al « Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall’INAIL”.
Ma, nonostante tale riapertura, non si è verificato un vero e proprio rebound della formazione tradizionale.
Il processo innescato dal Covid-19 è stato irreversibile. Pertanto, le strutture formative (non solo in materia di sicurezza sul lavoro) che non si dotano di una piattaforma e-learning per la formazione sulla sicurezza, rischiano di approcciarsi al mercato in modo obsoleto.
In definitiva, le aziende hanno compreso che i vantaggi potenziali che la Formazione a Distanza (FAD) può offrire, se ben fatta, sono molti.
Ecco. Se ben fatta.
Un piccolo particolare da non dimenticare.